«Figa, se mi viene da
ridere!»
«Boccia, devi tacere!»
«Eh,a te sembra facile... ma... sto... esplodendo... e io... muhahaha...!?»
Boccia sembra singhiozzare; egli ride, indubbiamente, eppure maschera in maniera così abile i suoi singulti, da dare l'impressione contraria. Ripiegato su se stesso, con le mani che coprono il volto, si lascia sfuggire versi indistinti, ovattati, ambigui. Potrebbe essere afflitto da un dolore incontenibile; il ricordo di una tragedia passata, magari, potrebbe averlo raggiunto proprio ora, in questo luogo.
Katiusha gli da una manata sul braccio, poi si accorge della vecchia impellicciata che la guarda da pochi metri di distanza, con i suoi occhi resi vacui dalla cataratta; così addolcisce il suo gesto mettendogli una mano sulla spalla, in un movenza lenta e compassionevole.
«Ti prego!» gli sussurra a un orecchio «non fare così, Fernando, smettila!»
«Fernando! Mi hai chiamato Fernando, per la prima volta dopo... aaanni! Ih ih, ah ah ah, non ce la faccio più, proprio più, portatemi via da qui!»
La ragazza è allarmata, perché ora Fernando detto Boccia sta ridendo senza più trattenersi; ride in modo selvaggio, come una specie di satiro reso ebbro da un vino troppo dolce e troppo buono; ma invece no, non è vino quello che lo ha inebriato, trattasi di Skunk, tre grammi di ottima, fresca Skunk appena giunta dal paese dei tulipani, fumata ripetutamente a casa sua, dolce, euforica e terribilmente infida.
«E' la maria, Boccia, maledizione, te la sei fumata tutta te, o quasi, ora ti portiamo via...» gli sussurra un po' scocciato Spadino, mentre cerca di trascinarlo verso l'uscita, guardando Katiusha, facendole un segno con la mano libera.
Ma Boccia non è più in grado di rispondere; ride, ride senza più nemmeno tentare di contenersi, mentre l'amico lo porta via, col viso tondo che si accende di sfumature rosee, poi rubiconde; e quando passa vicino alla signora anziana che lo guarda con quello sguardo vago, fuori fuoco, eppure inequivocabilmente accusatorio, le dice, prima che la mano di Spadino possa giungere ad tappargli la bocca: «è la maria, sa signora, è lei...»
Poi, disastrosamente urta l'acquasantiera, che oscilla anche un poco, prima di assestarsi al suo posto.
Qualcuno si lascia sfuggire un grido soffocato. La vecchia apre la bocca, senza però articolare alcun suono. Un uomo distinto poco più indietro, estrae il cellulare dalla sua tasca e si ferma indeciso, con la mano che sfiora i tasti, pronto a pigiarli in sequenza... centododici, centotredici... chissà, magari direttamente il centodiciotto.
Eppure in qualche modo sono fuori. L'ultimo suono che Katiusha sente prima che il portale della chiesa si richiuda lentamente alle loro spalle risucchiandoli fuori, è la voce del prete che continua, monocorde, a magnificare questo giorno speciale, di pace e di amore, senza tuttavia mai nominarlo.
«Eh! BUON NATALE!» dice allora Katiusha ai suoi amici, a se stessa, oppure a chissà chi. Poi si volta verso di loro e aggiunge seria: «vi avevo chiesto di accompagniarmi, vi avevo pregato di non fare casino, per una volta...»
Boccia la guarda di sgimbescio, mentre si sfila l'elastico che gli imprigiona i capelli rossi in una lunga coda. Ogni tanto sogghigna.
«O.K., ma hai visto dove eravamo capitati? Nehandertaliani avvolti da pelli di montone, uomini e donne Erectus ingobbite da pellicce di strani animali praticamente estinti, cavalieri dell'apocalisse e guardie svizzere che brandivano display colorati e fotocamere frontali...»
«Ma per favore! A te non fregherà un cazzo, ma io ci credo in Dio, e almeno alla messa di Natale volevo... si volevo andarci, guarda un po'!»
«Colpa mia?» continua Boccia che ora sembra tornato serio; solo un lieve colorito delle guance ricorda il flusso di ilarità chimica che lo ha invaso pochi minuti prima; tuttavia gli occhi, rossi da far spavento, sembrano ancora sorridere «dai! Oh Kathy, così mi mandi in paranoia, cioè, Cristo, non è colpa mia... Fai un sorriso? Dai, mi è venuta un'idea...!»
All'interno della chiesa l'organo inizia a suonare. Sembrerebbe Bach.
La ragazza guarda Boccia, alzando le sopracciglia, poi sbuffa: «ma si, chissene! L'importante è stare insieme... Anche se a voi non interessa, lo festeggiamo insieme il Natale? Eh boys? Boccia, quale idea? Ho paura delle tue idee, sai?»
«Beh... Prima schiodiamoci da qui e torniamo all'auto. Sarà un Natale... Beh, sarà Natale!»
Le luci di Milano, offuscate dai finestrini sporchi e appannati, si allungano distorte, evanescenti: brandelli di sogni in liquidazione, prenotati, già venduti. L'abitacolo rimbomba di bassi selvaggi e avvolgenti. Spadino con la mano libera dal volante, passa la bottiglia di champagne a Katiusha, che poi la allunga a Boccia: tutti bevono dal collo.
«Ma quanto l'hai pagato questo... Ruinart...Blanc De Blanc...?»
«Come?» risponde Boccia abbassando il volume dello stereo.
«Quanto costa lo champagne?» Katiusha indica la bottiglia che lui tiene ancora in mano.
«E che ne so, più di 50 Euro, sicuramente. L'ha dimenticato un cliente a negozio... Me l'ha pagato poi è corso via a rincorrere il mostriciattolo... Non è più tornato. Il mio capo non c'era, quindi ora è mio, e non si discute.»
«Il mostriciattolo? Barboncino o cosa?»
«Ma no, suo figlio. Un cucciolo di Sapiens.»
Spadino rutta con ostentazione.
«Allora, era questa la tua idea? Bersi lo Champagne che hai fregato?» gli domanda Katiusha facendo una buffa smorfia con il labbro dove ha il piercing.
Boccia non risponde ma si limita a prendere da sotto il sedile uno zainetto militare, agitandolo.
«Non è quello che penso, vero?»
«Siamo alla Barona, no? E allora si va al muro di via Cascina Bianca, dove Milano svanisce e l'oceano verde si riprende l'orizzonte. Si pittura il muro coi colori del tuo Dio. Ti va?»
«Oi! Ci prendiamo una denuncia il giorno di Natale!»
«A Natale gli sbirri non ci sono. Sono al calduccio a mangiare il panettun e a giocare a tombola»
«Si vabeh, come tutti.»
«Ma noi, no.»
Hanno parcheggiato l'auto sotto un palazzone, dove già il verde si prende una bella rivincita sul cemento, circondandolo, rendendolo quasi superfluo. Ma più avanti, come un ultimo baluardo innalzato a difendere la città dai demoni della notte, si erge il 'Blocco', una struttura labirintica di case popolari ammassate, quasi sovrapposte, bianche, grigie, color mattone. Eppure, oltre il basso muro che circonda le fondamenta, Milano termina, così, banalmente, e l'orizzonte si apre ad abbracciare le stelle. Campi incolti, appezzamenti coltivati, e verde, verde dappertutto, se solo ci fosse la luce del sole a illuminarlo.
Boccia e Spadino sono al lavoro con i loro spray in acrilico, a dipingere un piccolo spazio bianco sfuggito ai writers che hanno decorato il muro in lunghi anni di lavoro. Katiusha li osserva rabbrividendo al gelo di dicembre, con il capo nascosto nel cappuccio della felpa e la bocca prigioniera della sciarpa di lana che le spunta dalla giacca a vento. Alle sue spalle soffia dalla campagna una brezza sottile e gelida. Si sente ancora un po' triste mentre osserva le rare decorazioni natalizie che illuminano le facciate dei palazzoni sovrastanti il muro; l'altr'anno il Natale lo aveva passato con suo padre, nella loro casa, a guardare un dvd... Non un granché come Natale, ma ora che lui non c'è più, rivede quelle immagini scolpite nella memoria come illuminate da una luce calda e accogliente. Suo padre è morto meno di un mese fa' e lei forse sta per piangere... Anzi una lacrima le scende su una guancia; ma poi chissà se è una lacrima o è la brezza, che la fa' lacrimare col suo tocco gelido...
«Beh, ti piace?» le fa' Boccia interrompendo i suoi pensieri, mentre si sposta per farle vedere il graffito.
Lei si avvicina e prende in mano il suo cellulare, pigiando il tasto che lo trasforma in una piccola torcia. Sul muro c'è questo Cristo coi dread, la cuffia da dj che gli circonda il capo e una specie di aureola psichedelica che lo sovrasta; sta abbracciando da dietro una ragazza sorridente che in qualche modo le somiglia.
«Ma... quella lì sono io?»
«E chi se no?! Beh, ti ho fatta un po' più bella, che c'entra...» le risponde Spadino ghignando, «Cristo Dj invece l'ha fatto il signor Boccia qui presente.»
«Un manga, sarei una specie di manga storto» dice Katiusha mentre le guance le si riempiono sul serio di lacrime.
Ma
poi invece scoppia a ridere, e mentre tenta di asciugarsi gli occhi,
le risate la fanno sussultare, tanto che deve sedersi sull'erba
coperta di brina a tenersi la pancia. Continua a ridere per un po'
guardando quell'assurdo, meraviglioso, graffito folle. Poi si alza e
li abbraccia, i suoi amiconi, i suoi ragazzi tossiconi e rompicazzi e
quasi poeti.
Restano un po' così, in circolo, con le braccia che cingono le spalle, senza parlare, anche se ogni tanto a qualcuno di loro viene un po' da ridere. E comunque è piacevole starsene abbracciati e il venticello gelido è più sopportabile. Così all'inizio non si accorgono di quel suono, sembra un miagolio lontano, che a tratti giunge dalla campagna.
Spadino è il primo a sentirlo.
Restano un po' così, in circolo, con le braccia che cingono le spalle, senza parlare, anche se ogni tanto a qualcuno di loro viene un po' da ridere. E comunque è piacevole starsene abbracciati e il venticello gelido è più sopportabile. Così all'inizio non si accorgono di quel suono, sembra un miagolio lontano, che a tratti giunge dalla campagna.
Spadino è il primo a sentirlo.
«Ragazzi, abbiamo un felino!»
«Dove?» Ah si, ora lo sento... Un miagolio... viene da dietro?»
«Viene dalla campagna, mi sa... Kathy, accendi la torcia sul tuo cellulare?»
Lo trovano una ventina di metri di distanza,ai bordi di un campo coltivato, così intirizzito che non riesce nemmeno più a camminare: un gattino di pochi giorni, col pelo sporco di terra e foglie secche.
«Lo portiamo in auto?»
«Troppo lontana, ha bisogno subito di calore, mettilo sotto alla giacca a vento, Cathy.»
«Più in là ho visto una cassetta di legno piena di riviste porno... e sulla strada un cassonetto della Caritas...»
«Ce la fai a prendere la cassetta e un paio di maglioni dalla Caritas? Lo facciamo stare un po' al caldo, magari la madre è qui vicino» gli dice Boccia, guardandolo.
Spadino torna dopo pochi minuti, carico di maglioni e con la cassetta di legno svuotata sulla spalla. Sorride.
«Due preservativi usati c'ho trovato!»
«Ah che culo! Il cassonetto almeno era aperto?»
«Scherzi? Ho dovuto spaccare il chiavistello...»
In breve lo sistemano sotto il muretto, all'interno della cassetta di legno dove Boccia ha sistemato un maglione; un altro lo mettono sopra al gattino, dopo che Katiusha l'ha tirato fuori dalla sua giacca a vento e lo ha adagiato lì sopra.
«Beh, come lo chiamiamo?» chiede Spadino.
«Pisciolo!» risponde Katiusha, facendo una smorfia.
«Non dirmi che...»
«L'ha fatta, l'ha fatta!»
«L'ha fatta... mentre stava al riparo, dentro la tua giacca a vento?» e non aspetta nemmeno che lei risponda ma scoppia a ridere. Ridono tutti e tre, ridono a lungo.
Pisciolo sembra guardarli interdetto. Eppure da l'impressione di stare già meglio; trema ancora, ma ora sembra più vispo e ha smesso di miagolare.
Per un po' lo osservano in silenzio. Poi Boccia gli si siede accanto, con la schiena appoggiata sul muro e tira fuori il tabacco con le cartine e l'erba residua. Ben presto lo imitano, sedendosi vicino a lui.
«Sapete che penso, ragazzi? Che se avessi potuto esprimere un desiderio e avessi scelto proprio quello di passare un bellissimo Natale, non avrei potuto immaginarne uno migliore.»
«Idem» dice Spadino annuendo.
«Quindi non sei più arrabbiata con me?» chiede Boccia girandosi verso di lei.
«Ma dai, scemo! Era pieno di Neanderthaliani lì e troppi, troppi, Erectus!»
«Ehi, guardate...» dice Spadino indicando un punto del cielo alla loro destra.
Una scia luminosa nel cielo che d'improvviso si accende di luce giallastra, rivelando una piccola forma ovale, come una meteora che a contatto con l'atmosfera terrestre si fosse incendiata.
«Guarda, si vede ancora la scia...»
«Una meteora? Era enorme, e come era lenta a scendere!»
Per un po' osservano quella porzione del firmamento che è stato acceso, un breve momento, da una stella che cadeva.
«Forse dentro di me, l'avevo già espresso il mio desiderio... Il desiderio si è realizzato e poi la stella cadente è venuta giù, tutto al contrario... e ancora più magico.» sussurra appena Katiusha, rabbrividendo.
Boccia la guarda, pensieroso, facendo un tiro dal suo joint; sta per dire qualcosa, ma poi rimane in silenzio, a guardare ancora il cielo scuro, dove il mare di stelle che li sovrasta, decora il loro Natale con meravigliosi addobbi scintillanti.