lunedì 16 febbraio 2015

Iain Banks: non solo Cultura

Iain Banks, di cui oggi ricorre l'anniversario della nascita (16 Febbraio 1954, Scozia) è conosciuto come scrittore di fantascienza; eppure, come i più grandi autori di questo genere, ha scritto anche ottimi romanzi di narrativa mainstream (chi ha nominato R. Bradbury, J. Ballard o P. Dick?). Per esempio "La fabbrica degli orrori" è un viaggio allucinato nella mente di un serial killer diciassettenne che stermina insetti, sacrifica animali, uccide bambini, fratello minore compreso. Vive in una minuscola isola della Scozia da cui non si è mai allontanato, obbedendo a una sorta di crudele religione che si è costruito; con riti propri, templi e luoghi, macabri feticci. Non c'è salvezza né redenzione in questa fiaba oscura. Nessuno che possa considerarsi "normale." Certo non il fratello Eric, un piromane divenuto pazzo dopo aver assistito a un orribile episodio che è bene non anticipare; nemmeno il suo miglior amico Jamie, affetto da nanismo e dedito all'alcool.






Oppure "Canto di pietra", ambientato in uno scenario post guerra che è solo un pretesto per immergere i due protagonisti, Abel e Morgan, fratello e sorella, amanti, in una vicenda sommamente crudele, di un sadismo sconcertante. Scritto oltre tutto molto bene, con uno stile "pieno", carico di similitudini e aggettivi, in un'atmosfera malinconica, sommessa che, man mano che la vicenda scorre verso l'epilogo, si fa disperata. Tutto precipita, tutto si disfa, compreso l'amore, in una caduta agli inferi che non lascia speranze.


Ma Iain Banks è soprattutto (giustamente) famoso per il suo ciclo di space opera, il Ciclo della Cultura, fantascienza per palati fini. Una decina di romanzi, solo in parte tradotti in italiano, che si possono leggere stand alone, senza un'ordine preciso, privi come sono di una trama unitaria o di personaggi a cui ci si possa affezionare.

Ma cos'è la Cultura? Una intelligenza artificiale diffusa che permea l'universo conosciuto, che si insinua ovunque, un'utopia che speso diventa antiutopia, una cultura dell'uomo di stampo libertario, anche ambigua, che cerca di espandersi inglobando altre razze e civiltà, senza imporsi, se ciò è possibile. Con un'etica onnipresente e invadente. Con armi di potenza straordinaria che sono impiegate come ultima ratio.  

Una civiltà, quella della cultura, egalitaria, progressista, vagamente comunista, anarchica, priva di leggi e di un governo riconosciuto, di gerarchie. Dove le droghe sono tollerate o incoraggiate o semplicemente inutili, perché il corpo di chi nasce all'interno della Cultura è già geneticamente provvisto di un sistema di ghiandole adatte a rilasciare endorfine e neurotrasmettitori, in modo volontario. Dove persino la ribellione è tollerata e la morte diventa una scelta.

Cosa c'è che non va in questo tipo di società? Si può cambiare sesso ogni volta che si vuole, ci sono interi pianeti dedicati a svaghi inimmaginabili, la morte è (quasi) sconfitta, la libertà individuale garantita. E' l'etica al potere. Parlavamo di ambiguità: la Cultura è comunque una forma (indiretta) di governo dell'uomo, ridotto a pedina insignificante. La ribellione è tollerata, in qualche caso incoraggiata; ma comunque inutile. Nessuna rivoluzione può nascere. L'uomo è comunque condannato all'irrilevanza. Può sbagliare, può far del male, ma non può liberarsi dal controllo delle Menti, intelligenze artificiali onnipresenti (anche un po' petulanti) che lo indirizzeranno immancabilmente verso qualche forma di redenzione. Oppure lo isoleranno. 

E comunque dell'etica, in molti casi, se ne può fare a meno. Per esempio, durante una guerra contro un'altra civiltà bellicosa. In quel caso, c'è chi si deve sporcare le mani; umani, per lo più. Con licenza di uccidere, si intende.

Detto questo, la Cultura di Banks è un grandioso affresco di una umanità liberata da qualsiasi peccato originale, un mondo senza classi sociali, senza razzismo, libero dalla proprietà privata, un'utopia anarchica dove però il concetto di responsabilità individuale è sfumato. Un favoloso universo di balocchi, dove l'unica aspirazione non ancora realizzata dall'uomo rimane quella di sempre: trovare un senso alla vita.

Come riconosciuto dallo stesso autore, questo tipo di civiltà sarebbe comunque un futuro ideale per l'umanità, anche se rimane altamente improbabile. Iain Banks è morto nel 2013; tra i romanzi facenti parte del ciclo della Cultura; ricordiamo Pensa a Fleba; L'impero di Azad; Lo stato dell'arte, Volgi lo sguardo al vento.