mercoledì 19 agosto 2015

Recensione di Ho sposato mia suocera - Stefano Grimaldi


Faccio parte del "comitato di lettura" del Writer's dream; ho accettato volentieri di recensire questo libro edito dalla Las Vegas Edizioni. Di seguito la scheda del libro e la recensione.











Titolo:  Ho sposato mia suocera - Memorie di un genero esaurito
Autore:  Stefano Grimaldi
Editore:  Las Vegas Edizioni
Pagine:  118
ISBN:  9788895744315 (Cartaceo)
            9788895744674 (Digitale)
Genere:  Umorismo
Formato:  Cartaceo & Ebook
Prezzo:  3.99 € (Ebook)\10 € (Cartaceo)


QUARTA DI COPERTINA
"Questo diario va somministrato a chi soffre del mal di suocera. Non è un farmaco in grado di rimediare con un sorso alla patologia, ma un sostegno a cui aggrapparsi nei momenti di crisi. La protagonista forse non esiste, o forse esiste un po’ in tutte le case del mondo, ma è nata per dare sollievo a un’enorme categoria umana: quella dei generi esauriti, che ogni giorno combattono con il coltello in mezzo ai denti. Devono sapere che non sono soli. Sul loro stesso pianerottolo, probabilmente, si sta consumando un dramma identico. E c’è da giurare che anche dall’altro capo del mondo stia avvenendo qualcosa di molto simile. L’idea della lotta collettiva è da sempre l’unico rimedio contro la sofferenza individuale"
TRAMA
La forma scelta per raccontare la vicenda è quella di un diario atipico, sviluppato per eventi e presentato quasi come un percorso terapeutico, con una parte iniziale introduttiva strutturata alla maniera di quella del foglio illustrativo di un medicinale, con tanto di posologia, effetti collaterali e così via. 

La vicenda, come si intuisce dal titolo, illustra il rapporto tra un fidanzato, poi marito, con la madre della donna amata, attraverso veri e propri riti di passaggio: dalla proposta di matrimonio, suggerita dalla futura suocera, sino alla nascita del pargolo che trasforma la vera protagonista del libro in "suocera-nonna." L'esasperazione che questa donna suscita attorno a sé creerà le condizioni per un catartico scontro conclusivo.
CONTENUTI
Come ogni libro umoristico che si rispetti, la vicenda è costruita per divertire e tocca argomenti e situazioni nelle quali è possibile riconoscersi per averle vissute od osservate. Tutti ad esempio, abbiamo presenti quelle particolari dinamiche che si innestano durante un pranzo natalizio in famiglia, quando, magari con la complicità dell'alcool, vengono fuori conflittualità più o meno latenti, diversità caratteriali, argomenti tabù, tragiche incomprensioni. Ecco, nel richiamare alla mente queste situazioni, l'autore cerca la nostra complicità e il libro raggiunge il suo scopo: diverte appunto. 

Tuttavia è possibile trovare una diversa lettura del conflitto che si scatena tra Stefano e la suocera. E' chiaro infatti che lei rappresenta un modo di essere e di concepire la vita e di conseguenza il rapporto con gli altri del tutto antitetico a quello del genero. Tanto la donna tende a ostentare (potere, soldi, amicizie influenti, privilegi), quanto Stefano appare invece insofferente nel seguire lo stile di vita da lei esibito. Se la suocera aspira ad avere il massimo controllo possibile della sua vita e di quella degli altri, lui probabilmente vorrebbe solamente godersela, la vita, lontano dai riflettori della mondanità e da inutili complicazioni, insieme alla sua famiglia. In questo scontro di caratteri diversi possiamo osservare anche  il conflitto tra due differenti modi di intendere l'esistenza.
AMBIENTAZIONE E PERSONAGGI
Se dovessi commentare un film, invece di un libro, scriverei che quasi ogni scena si svolge in interno giorno: appartamenti, negozi, abitacoli di auto, ristoranti, hotel e così via. Tutto ciò accentua il senso di claustrofobia della vicenda, dominata dall'opprimente rapporto tra i due. Le descrizioni sono molto rare e solo accennate ed è un peccato perché avrebbero di certo contribuito a dare respiro al racconto e a far visualizzare in modo migliore al lettore il "campo di battaglia."

Il punto di vista è unico ed è quello di Stefano, la vittima; è lui che racconta le angherie che è costretto a subire, è sempre lui che mostra il carattere della suocera e ci fa partecipi delle sue idiosincrasie.

Dei personaggi quelli meglio tratteggiati sono ovviamente quelli della suocera e del genero. La figura della moglie appare solo abbozzata e rappresenta poco più di una spalla per Stefano, malgrado i due, siano sinceramente innamorati, come risulta dalle parole affettuose dell'io narrante. Anche la figura del figlio, di cui conosciamo poco più del nome, sembra piuttosto sbiadita. 

Un personaggio comprimario ma pieno di umanità e di simpatia viene introdotto invece nella parte finale del libro: il "Sergente." Sarà protagonista della vicenda più esilarante dell'intero libro.
STILE E FORMA
La forma è  curata, le regole editoriali rispettate, i refusi quasi assenti. L'autore usa uno stile scarno, composto da frasi brevi o molto brevi, che non sempre appare funzionale. L'uso frequente del punto e virgola e dei due punti, in alcuni casi appare eccessivo. Le frasi brevi rischiano a volte di spezzare il racconto regalando un andamento troppo sincopato. 

Nonostante ciò, in generale il ritmo è buono. I dialoghi sono realistici e ben congegnati e contribuiscono alla caratterizzazione dei personaggi. I verbi sono generalmente coniugati correttamente; ho notato in rari casi un passaggio repentino dal passato prossimo al passato remoto. L'uso dei termini è corretto, l'aggettivazione ridotta al minimo; tutto ciò fa sì che la lettura risulti scorrevole, lineare.
GIUDIZIO FINALE E CONCLUSIONI
Ho sposato mia suocera è un libro simpatico, fresco, divertente. Ora che siamo in piena estate, si candida a diventare una tipica lettura da ombrellone. Non è particolarmente originale e d'altra parte era difficile esserlo, con un argomento così "mainstream"; le vicende, come detto, sono quelle che scandiscono  il rapporto conflittuale tra Stefano e sua suocera, nel libro chiamata semplicemente "Lei". 

I tempi della comicità però ci sono tutti, e sono dosati sapientemente, specie nella parte finale. I momenti migliori sono quelli nei quali la verve comica prende una patina surreale, come quando Stefano Grimaldi (che è lo pseudonimo dietro al quale si nasconde l'autore) narra dello strano posto dove d'estate viene rinchiusa la pelliccia della suocera. Pelliccia che sembra dotata di una sua, pur tragica, consapevolezza.

Il pericolo di un finale buonista, che avrebbe forse potuto accontentare il lettore occasionale ma che avrebbe corso il rischio di snaturare l'opera, viene sapientemente evitato.  Anche per questo la lettura del libro mi ha lasciato con una gradevole sensazione di appagamento.



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2 commenti: